giovedì 28 luglio 2011

Manovra finanziaria e costi della politica

ON
Da "la PROPRIETÀ edilizia" mensile della FEDERPROPRIETÀ-ARPE n° 7-8 luglio e agosto 2011, di Massimo Anderson - Presidente nazionale di Federproprietà.
     La circostanza che, insieme con la predisposizione della manovra finanziaria volta al rafforzamento della stabilità dei conti pubblici, si comincia a parlare di una riforma tributaria va valutata positivamente, anche se sussistono le perplessità di chi, pur condividendo l'esigenza del federalismo fiscale, avrebbe preferito la proposizione di quest'ultimo alla riforma generale. Comunque gli aggiustamenti di compatibilità e di logica perequativa appaiono ancora possibili invece negativamente inaspettato che con la manovra  ancora non si incida senza mezzi termini sui costi della politica quale pesante componente largamente comprimibile dei più generali costi di finanziamento della macchina pubblica (c'è appena una risibile riduzione dei rimborsi elettorali ai partiti). È un tema che poteva essere affrontato quale sostanziosa anticipazione alle riforme dirette alla modernizzazione dello Stato. Occorre comunque fare presto, tenuto conto che alcuni provvedimenti devono necessariamente comportare modifiche alla Costituzione e per i quali quindi non basta la semplice attuale maggioranza di Governo, nella quale peraltro la Lega è addirittura contraria all'abolizione delle Province in quanto tali, incurante dei problemi di contenimento dei costi (tanto che ha proposto il trasferimento da Roma di alcuni Ministeri il cui costo è stimato in almeno 2,5 miliardi di euro l'anno).
     Proprio per le Province, anche dal settore stesso delle autonomie e nella prospettiva di razionalizzazione delle funzioni con riduzione evidente dei costi, pervengono proposte centrate sui problemi reali, come quella di attribuire le competenze di tali enti a raggruppamenti o consorzi di Comuni, se attinenti ad es. algi assetti di area vasta, ma anche per altre esigenze. Per restare nel'ambito degli enti locali, altri notevoli risparmi possono ricavarsi da un lato dalla non più dilazionabile attuazione delle aree metropolitane e dall'altra dalla limitazione delle istituzioni delle municipalità ai Comuni con almeno 750 mila abitanti, ferma restando l'esigenza di un più efficiente decentramento funzionale.
     Soltanto vi sarebbe per questi tagli nel settore delgi enti locali (Province, Comuni, Municipalità) stimarsi un risparmio annuo immediato diretto di 15 miliardi di euro solo con l'abolizione delle Province.
     Affiorano intanto alcune vistose anomalie nella spesa di molte Regioni che sembrano richiedere immediati interventi correttivi (v. ad es. il caso dello spropositato costo del personale in Sicilia). Non mancano peraltro, nei bilanci regionali, curiosità  particolarmente costose quali quelle messe in luce da una per certo soltanto parziale inchiesta pubblicata sul n. 27/2011 di Panorama. Non può peraltro non tenersi conto della necessità di porre subito mano - sempre al fine del contenimento della spesa - a colmare il vuoto aperto dall'approvazione del primo quesito referendario sui servizi pubblici locali, che ha travolto non soltanto le rigide limitazioni (ulteriori rispetto alla normativa comunitaria) per quanto attiene al ricorso, alla creazione o al mantenimento delle aziande municipalizzate, ma anche quelle norme assai utili per evitare la legittimazione della commistione fra politica e affari, fra controllori e controllati, come ad es. la partecipazione degli amministratori degli enti locali nei consigli d'amministrazione delle aziende stesse.
     In sede centrale, tutti parlano delle riforme istituzionali con vistose modifiche alla Costituzione che indubbiamente richiedono tempi lunghi per gli approfondimenti e per la ricerca delle necessarie convergenze, mentre soltanto più buona volontà e meno paura di perdere privilegi richiederebbe la riduzione del numero dei parlamentari (non più della metà degli attuali) che - indotto compreso - potrebbe coprire in cospicua parte le esigenze di risparmio sottese alla manovra finanziaria in corso ed evitare di togliere - come qualcuno propone -  buona parte delle agevolazioni tributarie attuali che trovano invece piena giustificazione quali misure perequative e che meglio potrebbero essere valutate in sede di riforma generale.
     Per quanto concerne l'apparato amministrativo centrale e la polemica scaturita dalla citata proposta della Lega di una decentrata collocazione di alcuni Ministeri, va sottoòineato che non soltanto buona parte delle competenze statali di carattere operativo sono già da tempo attribuite alle Regioni e agli enti locali, come è fatto palese dalle stesse norme sul federalismo fiscale, ma uffici operativi dipendenti dai Ministeri, per le residue competenze, sono dislocati opportunamente sul territorio.
     In conclusione, la situazione economico-finanziaria è di gravità non trascurabile, anche perché in parte derivante dalla crisi internazionale, ma può essere affrontata con successo soprattutto se i provvedimenti non pretermettono le esigenze fondamentali dei cittadini e partono da un sostanzioso risanamento della macchia pubblica.
     Non possono però neanche trascurarsi settori per i quali sono stati da sempre aupicati tagli alla spesa pubblica, come quello dei rimborsi all'editoria difficilmente accettabili da parte dei cittadini.
     Su questi spunti maggioranza ed opposizione - evitando strumentalizzazioni di parte - devono far quadrato anche perché, alla luce dei recenti risultati referendari e non. i gravi casi di corruzione emersi a Parma stanno a dimostrare il diffuso malessere politico e sociale che investe il Paese reale. Non può perdersi altro tempo perché è in gioco il futuro del sistema Italia e con esso l'avvenire delle nuove generazioni.

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