mercoledì 26 settembre 2012

CASO SALLUSTI/ Ha difeso una 13enne costretta ad abortire. Dove sono i cattolici?

 
OFF

di Monica Mondo

mercoledì 26 settembre 2012

Caro direttore, che un giornalista non debba andare in galera per quel che scrive è cosa talmente ovvia che non varrebbe neppure la pena di discuterne. In un paese civile, il reato d’opinione prevede sanzioni pecuniarie, e libere opinioni a rettifica, in modo che i cittadini possano rendersi conto e decidere da che parte stare. E’ solo questione di buon senso, non è neppure il caso di scomodare la letteratura giuridica. Invece stiamo qui a esprimere sdegno e perfino qualche giustificazione all’assurda vicenda toccata al direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti. Oggi abbiamo saputo che la Suprema Corte ha confermato il verdetto.

Mi vien da ridere a definirlo così. Siamo abituati a vederlo in televisione, Sallusti, conosciamo la sua indole testarda e irriverente, il carattere duro. Uno che non le manda a dire. Ma pensarlo in carcere per 14 mesi in quanto socialmente pericoloso è fantasia che neppure è balenata in mente ai suoi più acerrimi nemici politici. Infatti lo assolvono tutti, giudicando il suo caso un’opportunità per eliminare dal codice penale un reato di memoria fascista. Proprio tutti tutti no, in nome dell’uguaglianza davanti alla legge! Un criterio che, esulando dalla persona che hai di fronte, è talmente disumano da non meritare commenti. Se c’è stato reato per Guareschi, per Iannuzzi eccetera, solo per citare i nomi più clamorosi, perché non Sallusti? Ma perché se è follia, signori miei, che ci si fermi, e magari proprio a partire da Sallusti.

Follia il reato, follia l’ostinazione del giudice diffamato, dopo aver già chiesto e ottenuto un risarcimento pecuniario non indifferente. Cosa vuole dimostrare? Che l’odio non ha fine? Che la giustizia è una macchina stritolatrice? Lo sappiamo, ahinoi. Che i magistrati possono avere un potere enorme e pericoloso? Sappiamo anche questo. E speriamo che forte e chiara, senza esitazioni, si levi la voce del Capo dello Stato, capo del Csm, a giudicare impropria la decisione della Corte d’Appello, che aveva ritenuto il giornalista pericoloso e quindi punibile con la reclusione. A placare quel giudice sdegnato. Se invece l’offesa merita il carcere, che sia la più alta autorità a dichiararlo, e toccherà star bene attenti a quel che si dice e si scrive, in questa povera Italia. Basterebbe una parola. E pazienza se qualche magistrato o qualche penna del Fatto lo riterrà un intervento a gamba tesa. In certe situazioni anche l’acrimonia ideologica va messa da parte.

Ricordiamo poi che il direttore de Il Giornale ha avuto e ha il fegato di assumersi una colpa non sua. Paga e si offre a bella posta in pasto ai media, all’opinione pubblica per suscitare una reazione: si parla infatti di un articolo comparso cinque anni fa su una testata che allora dirigeva, a firma di un collega di cui non ha mai svelato il nome. E questo gli fa onore.

Che diceva mai l’articolo incriminato? E’ così terribilmente inverecondo da non poter essere ripreso e commentato dopo tanti anni? Si parlava del caso di una ragazzina, tredici anni, costretta da un giudice ad abortire, contro il suo parere, sotto responsabilità dei genitori. Una ragazzina finita sotto cure psichiatriche, per lo choc subito, dopo la morte del suo bambino. Nell’articolo si usava la mano pesante: indegno il giudice e, se mai esistesse ancora, meritevole della stesa pena inflitta a un innocente, cioè la morte. Mi pare evidente il carattere provocatorio di questa affermazione. La pena di morte nel nostro paese non c’è, almeno ufficialmente (certe vite in carcere sono una morte lenta), e i congiuntivi, i condizionali e i periodi ipotetici avranno pur un valore nella nostra lingua. Si voleva suscitare scandalo, far riflettere su un abominio, nei pensieri dell’autore del pezzo. Una vita vale come un’altra vita. Sì, anche quella di un bambino mai nato.

Io ritengo che sia sbagliato e inutile, strategicamente, usare le spade infuocate per richiamare ragione e cuore di noi uomini del 2000 distratti, egoisti e così “adulti” da pensare di decidere delle nostre e altrui vite. Penso che la rabbia e l’orgoglio si addicessero allo spirito inquieto di una grande scrittrice, ma per ottenere ascolto e comprensione siano più sagge e proficue parole di moderazione. E’ possibile anche che l’articolo citato dicesse solo parzialmente il vero: che la ragazzina sia magari stata consigliata, e alla fine abbia deciso da sola. Si è così fragili, a 13 anni. E qualche volta l’indignazione monta, soprattutto se ci si accanisce contro i più inermi e deboli, e si perde il filo e si travalica la verità. Invece, come tante e tante volte è stato detto, hanno salvato dall’aborto più le cure e la paziente opera silenziosa del Movimento per la Vita che le battaglie urlate.

Diciamo pure allora che quell’articolo era parecchio sopra le righe, forse falso, e poteva partire la querela. Che ci stava una pena in denaro. Secondo me sarebbero bastate le scuse, o un’intervista sullo stesso giornale, e chiusa lì. Tu la pensi in un modo, mi hai insultato, sbagli. Ok, ho esagerato, ma credo che tu abbia sbagliato di più. I lettori giudicheranno. Ma il carcere! Al responsabile della macchina, che paga per frasi mai scritte. Pensate? Sono affari suoi. Ora, rimembrando i motivi per cui il caso Sallusti balza sulle prime pagine, mi piacerebbe vedere una partecipazione corale e ardente, decisa e non di circostanza, dei giornalisti cattolici tutti, dei politici cattolici, tutti, di qua e di là, delle organizzazioni, associazioni, movimenti cattolici.

Per carità, la difesa della vita non è questione di religione. Ma sono i cattolici ad avere sempre alzato la voce per ribadire che la vita vale sempre, dal concepimento alla morte naturale. Parliamo di libertà di stampa. Ma il tema ha uno spessore più grande, se rammentiamo di che si parlava. Vale la pena schierarsi con forza, anche se la fisionomia o certi articoli di Alessandro Sallusti non dovessero andarci a genio. Anche se avesse sbagliato a sua volta, per altre vicende. Proprio per questo. Chi difende la libertà difende anche quella del suo nemico. Difende anche la libertà di sbagliare. Sempre.
 
Penso che sia una indecenza. e che il potere politico dovrebbe porre immediato rimedio alle norme regolanti il reato di opinione. Mi attendo un intervento di Napolitano in qualità di Presidente della Repubblica e capo del CSM.
Dobbiamo essere molto preoccupati nel vedere uno dei poteri " intoccabili" dello Stato, cancellare una delle libertà fondamentali della democrazia : la libertà di opinione.
E ancor più preoccupati quando vediamo la casta dei giudici difendere uno dei suoi adepti, gravare il giudizio quando il reo manifesta opinioni politiche diverse dalle loro, dimostrandosi incapace di giudicare serenamente. Sembra che la nostra giustizia abbia totalmente smarrito l''uso del il buon senso. Tanti auguri al Direttore Sallusti.

venerdì 21 settembre 2012

DICO UNA BESTEMMIA, VIA LE REGIONI

DICO UNA BESTEMMIA, VIA LE REGIONI

di Raffaele Morese
Con la spending review si consolida il requiem per le Province. Non per tutte, ma per una buona fetta. E non perchè sono le più spendaccione. Pare che non abbiano più neanche i soldi per far ripartire il prossimo 'anno scolastico. Chiusura per riduzione dei livelli istituzionali, si dice. Ma si è fatta veramente una discussione seria su ruolo ed utilità dei vari livelli istituzionali che ha questo Paese? Soprattutto se la prospettiva, che tutti conclamano (non so se sinceramente o no), è quella degli Stati Uniti d'Europa e quindi di un trasferimento di sovranità a quel livello?
Ma anche a prescindere da questa avveniristico scenario, siamo certi che stiamo eliminando il tassello giusto? A me sembra che la Provincia, essendo l'anello debole (per le funzioni che svolge) dell'impalcatura istituzionale del Paese, sia stata scelta dai partiti come l'agnello sacrificale di un'esigenza sacrosanta, come quella della semplificazione dei livelli elettivi, decisionali e di potere. I soldi risparmiati sono relativamente pochi, i posti per fare buone o cattive politiche relativamente rilevanti. C'è da scommettere che non se ne accorgerà nessuno che non andremo più a votare per le Province ma il malumore sulla "cattiva" politica rimarrebbe intatto.
Ci sarebbe altro da fare. Mettere sotto la lente di ingrandimento le Regioni, il loro ruolo, la loro efficacia sia per il benessere dei cittadini che della democrazia. Quanto al primo, parliamoci chiaro: le Regioni sono importantii soltanto per la sanità. L'80 % o più dei loro bilanci sono destinati alla tutela della salute dei cittadini. Ma ha senso avere 25 sistemi di sanità e così scoprire che una siringa può costare o 0.6 euro oppure 3 euro a seconda della gara fatta in questa o quella Regione? Ciascuno di noi vorrebbe essere certo di poter essere tutelato allo stesso modo a Marsala o a Bolzano. Ma, dopo tanti anni di esistenza delle Regioni, questo obiettivo non è stato raggiunto; anzi, sembra sempre più irragiungibile. E se la sanità ritornasse ad essere competenza nazionale, sia pure con articolazioni funzionali a scala territoriale, il ruolo della Regione sarebbe fortemente ridimensionato.
Ma anche sul piano della democrazia ci sarebbe molto da dire. Sia perchè quel livello è largamente esposto a rischi di mal governo se non di corruzione reiterata, sia perchè non lo si può certo esporre come un luogo di eccellenza per lai formazione della classe dirigente politica. Basta fare mente locale a chi è diventato leader a livello nazionale, venendo dall'esperienza regionale; si scoprirebbe che non si va oltre le dita di una sola mano. E, a naso, il risparmio di risorse sarebbe enormemente superiore a quello della scomparsa delle Province. Certo, la Lombardia perderebbe il privilegio di avere una sua rappresentanza diplomatica a Washington, ma forse avrebbe qualche anziano in più meglio assistito in Brianza.
Pensiamoci, fin che siamo in tempo.